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Corte UE: comportamenti da tenere sul rimborso IVA

lentepubblica.it • 27 Aprile 2015

ivaGli eurogiudici sono stati chiamati a pronunziarsi sulla normativa bulgara che nega il rimborso dell’imposta corrisposta dal prestatore del servizio estero e dal destinatario nazionale.

 

Nel 2010, una società con sede in Germania prestava servizi tecnici e di consulenza ad un’altra società, con sede in Bulgaria. Quest’ultima compagine, ritenendo che la società tedesca non disponesse di un centro di attività stabile sul territorio bulgaro, assolveva l’Iva dovuta su dette prestazioni, conformemente alla procedura di autoliquidazione prevista dalla legislazione interna.
Con successivo avviso di accertamento – tuttavia – l’Amministrazione tributaria bulgara constatava che la società tedesca disponeva di un’organizzazione stabile, e che, quindi, era soggetto passivo Iva, per detti servizi.

 

La contribuente tedesca corrispondeva l’importo richiesto e, successivamente, presentava una domanda di compensazione o rimborso dell’imposta assolta.

 

Il Fisco bulgaro negava, però, il rimborso, atteso che non sussisteva nè una decisione giudiziaria passata in giudicato nè un atto amministrativo definitivo.

 

Ricorreva la società tedesca dapprima innanzi al Direttore e, successivamente, avanti al tribunale amministrativo di Plovdiv: entrambi respingevano le doglianze della contribuente.

 

La società proponeva, allora, ricorso alla Corte amministrativa suprema bulgara, che, sospeso il procedimento, sottoponeva alla Corte di giustizia una serie di questioni pregiudiziali.

 

Le questioni pregiudiziali
Le questioni pregiudiziali sottoposte alla attenzione degli eutogiudici sono quattro. Nel dettaglio:

 

 

  • se l’articolo 193 della direttiva Iva sia da interpretare nel senso che l’Iva è dovuta, dal soggetto passivo d’imposta che effettui una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, o dalla persona che acquisisce i beni o riceve la prestazione di servizi, ma non contemporaneamente da entrambi i soggetti, esclusivamente nei casi in cui la cessione di beni o la prestazione di servizi imponibile vengano effettuate da un soggetto passivo d’imposta non stabilito nello Stato membro in cui è dovuta l’Iva, se così previsto dallo Stato membro interessato;

 

  • dovendosi presumere che l’Iva sia dovuta da uno solo dei soggetti di cui sopra, se il disposto dell’articolo 194 della direttiva Iva valga anche per i casi in cui il destinatario delle prestazioni abbia applicato erroneamente la procedura dell’autoliquidazione perché convinto che il prestatore del servizio non disponesse di un’organizzazione stabile ai fini dell’Iva nel territorio della Repubblica di Bulgaria, quando, invece, questa sussisteva;

 

  • se il principio di neutralità dell’imposta, sia da interpretare nel senso di poter ritenere con esso compatibile una prassi di controllo fiscale come quella di cui al procedimento principale, secondo cui l’Iva, nonostante l’applicazione del meccanismo dell’autoliquidazione da parte della destinataria della prestazione, sia nuovamente calcolata anche a carico della prestatrice del servizio, tenendo presente che la destinataria aveva già provveduto al calcolo dell’Iva, che rischi di perdite di gettito fiscale siano esclusi e che la disciplina della rettifica dei documenti fiscali prevista dal diritto nazionale non sia applicabile;

 

  • se il principio di neutralità dell’Iva sia da interpretare nel senso che osta a che l’Amministrazione tributaria, sulla base di una norma giuridica nazionale, neghi al prestatore di un servizio, per il quale il destinatario abbia calcolato l’imposta, il rimborso dell’Iva calcolata due volte, quando l’Amministrazione finanziaria abbia negato al destinatario il diritto alla detrazione dell’Iva più volte calcolata per difetto del corrispondente documento fiscale e la disciplina della rettifica prevista dal diritto nazionale non sia più applicabile poiché sussiste un avviso di accertamento fiscale definitivo.

 

Le motivazioni

Sulla prima questione, la Corte di giustizia premette che soltanto il prestatore di servizi è, in linea di principio, debitore dell’Iva, salvo quando egli non sia stabilito nello Stato membro in cui l’Iva è dovuta e tale Stato abbia previsto che il debitore dell’Iva è il destinatario della prestazione di servizi.
Nel caso di specie, atteso che la società tedesca disponeva di un’organizzazione stabile in Bulgaria,  spettava al solo prestatore di servizi provvedere al pagamento dell’Iva dovuta sui servizi da lui ivi prestati.

 

Gli eurogiudici – passando all’analisi della seconda questione pregiudiziale – deducono che la possibilità per gli Stati membri di prevedere l’applicazione del meccanismo dell’autoliquidazione è limitata alla sola ipotesi in cui il prestatore di servizi non sia stabilito nello Stato membro in cui l’Iva è dovuta. Di conseguenza, quando i servizi siano stati forniti da un’organizzazione stabile del prestatore situata sul territorio dello Stato membro in cui l’Iva è dovuta, il destinatario di tali servizi non può essere considerato debitore dell’Iva.

 

Al riguardo, la circostanza che il destinatario di tali servizi abbia assolto l’Iva basandosi sull’errata supposizione che il prestatore non disponesse di un’organizzazione stabile ai sensi della direttiva Iva, non può consentire all’Amministrazione tributaria di derogare a tale regola considerando soggetto passivo dell’Iva non già il prestatore di servizi, bensì il destinatario.

 

A questo punto, la Corte esamina congiuntamente la terza e la quarta questione pregiudiziale

 

Ebbene – dopo aver fatto richiamo ai principi generali che disciplinano l’Iva – osserva che, nel caso di specie, dal momento che il prestatore di servizi non può rettificare le fatture e si trova, quindi, nell’impossibilità di richiedere al destinatario di tali servizi il pagamento dell’Iva, il diniego di rimborso opposto dall’Amministrazione tributaria comporta che l’onere fiscale di detta imposta venga fatto gravare su quest’ultimo, ed è quindi in contrasto con il principio di neutralità dell’Iva.

 

Diversamente accadrebbe nell’ipotesi in cui il prestatore di servizi, dopo aver debitamente pagato l’Iva da lui dovuta a seguito dell’avviso di accertamento definitivo, avesse potuto, ai sensi della normativa nazionale, rettificare le fatture emesse e recuperare l’Iva presso il destinatario dei servizi, che ne avrebbe chiesto la detrazione presso l’Amministrazione tributaria.

 

In definitiva – concludono i togati comunitari – negare al prestatore di servizi il rimborso dell’Iva, equivale a far gravare l’onere fiscale di tale imposta sia sul prestatore di servizi sia sul destinatario di tali servizi e comporta che l’Amministrazione tributaria riscuota un importo d’Iva superiore a quello che il prestatore avrebbe dovuto normalmente percepire da parte del destinatario, se avesse potuto rettificare le fatture emesse.

 

Conclusioni

La Corte di giustizia, nel dettaglio, perviene alle seguenti conclusioni:

 

 

  • l’articolo 193 della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che è debitore dell’Iva solo il soggetto passivo che fornisce una prestazione di servizi, quando quest’ultima è fornita da un’organizzazione stabile situata nello Stato membro in cui tale imposta è dovuta;

 

  • l’articolo 194 della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che esso non consente all’Amministrazione tributaria di uno Stato membro di considerare debitore dell’Iva il destinatario di una prestazione di servizi, fornita da un’organizzazione stabile del prestatore, quando sia quest’ultimo sia il destinatario di tali servizi siano stabiliti sul territorio dello stesso Stato membro, anche se tale destinatario abbia già assolto l’imposta basandosi sull’errata supposizione che detto prestatore non disponesse di un’organizzazione stabile in tale Stato;

 

  • il principio di neutralità dell’Iva deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione nazionale che consente all’Amministrazione tributaria di negare al prestatore di servizi il rimborso di tale imposta, da questi assolta, quando non è stato riconosciuto al destinatario di tali servizi, che pure ha pagato detta imposta per gli stessi servizi, il diritto di detrarla, per il motivo che non disponeva del corrispondente documento fiscale, allorché la normativa nazionale non consente la rettifica dei documenti fiscali in presenza di un avviso di accertamento definitivo.
Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Martino Verrengia
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